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Adottabilità del minore nozione giuridica di abbandono e stato di necessità

di , Sabato, 31 Gennaio 2015

“Il diritto del minore a vivere nella propria famiglia di origine rappresenta un diritto fondamentale, riconosciuto come tale dalle convenzioni internazionali e dal diritto Italiano. Ciò comporta che, se la funzione genitoriale non è irrecuperabilmente compromessa, l'adottabilità del minore non può essere pronunciata in assenza della preventiva verifica della possibilità del recupero di tale funzione e il Giudice può dichiarare l'adottabilità del minore solo dopo aver verificato l'irrecuperabilità della funzione genitoriale e lo stato di abbandono del minore stesso. Il procedimento di accertamento dell'adottabilità deve prevedere un progetto atto a permettere di recuperare la funzione genitoriale, nel rispetto del diritto del fanciullo a vivere nella propria famiglia d'origine.

Tale progetto deve essere portato avanti e vigilato oltreché dal Giudice anche dai servizi sociali, chiamati ad intervenire in modo attivo per far fronte alle esigenze primarie dei minori”. Ciò è quanto stato stabilito da un ultimo intervento della Cassazione Civile precisamente la Sez. I con la Sentenza n. 16715 del 15 luglio 2014.

La Corte infatti ribadisce che il Giudice può dichiarare l'adottabilità del minore solo al termine di un profondo procedimento di accertamento sia delle condizioni di adottabilità del minore, sia della possibile attività di recupero della funzione genitoriale avendo il minore il diritto a vivere nella propria famiglia d'origine. Come più volte sottolineato dai diversi interventi in materia, il diritto del minore a vivere nella propria famiglia, rappresenta un diritto fondamentale riconosciuto come tale dalle convenzioni internazionali e dalla legislazione Italiana. Ciò ha spinto i Giudici a ritenere che, se la funzione genitoriale non è compromessa, l'adottabilità non può essere pronunciata.

Il procedimento di accertamento è ovviamente più complesso e articolato rispetto al precedente processo civile di cognizione basato su uno schema di verifica di semplici presupposti di “adottabilità”, e presuppone invece la verifica di un progetto teso al recupero dell’ambiente familiare; verifica che deve essere effettuata attraverso gli operatori sociali e psicologici coinvolti nel procedimento inteso a sperimentare tutte le possibilità di successo del progetto e ad apportare tutte le modifiche che si rendano utili e necessarie a tal fine. ( fonte www.comparazionedirittocivile.it www.dirittifondamentali.it - Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale – ISSN: 2240-9823).

Già tra le novità della legge 28 marzo 2001, n. 149 sulle adozioni, una tra le più rilevante è stata quella del procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità. Con la definizione del procedimento di adottabilità viene definita l'inidoneità della famiglia di origine al mantenimento del proprio figlio. Alla gravità degli effetti che la dichiarazione di adottabilità comportava, e alle difficoltà che, per la delicatezza della materia, venivano  incontrate in fase di accertamento e di giudizio, si doveva aggiungere la rapidità che, in teoria, avrebbe dovuto caratterizzare l'intervento dell'autorità giudiziaria affinché lo stesso si potesse considerare davvero efficace e produttivo per il minore nel risparmio di ogni ulteriore pregiudizio per lo sviluppo della sua personalità. Secondo quanto stabilito dal legislatore del 1983, il procedimento per la dichiarazione di adottabilità era composto da due fasi. La prima, svolta dal giudice delegato di carattere non contenzioso che si concludeva con il decreto di adottabilità o di non luogo a provvedere per mancanza dell'abbandono; la seconda, di opposizione al suddetto decreto che costituiva un vero giudizio contenzioso ed era naturalmente eventuale. Questo modus operandi è stato profondamente riformato, e l'Italia aderendo alle disposizioni della Convenzione Internazionale sui diritti dell'infanzia, firmata in New York il 20 novembre 1989, ha riunito le due fasi in unico procedimento, dominato per intero e sin dall'inizio dal principio del contraddittorio tra le parti coinvolte.

Per la dichiarazione giudiziale dello stato di adottabilità, deve essere accertata la sussistenza della situazione di abbandono del minore; questi, cioè, deve essere privo dell'assistenza materiale e morale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi. Il tribunale per i minorenni, è ovviamente competente anche per l'emanazione di altri provvedimenti giudiziali, alternativi alla dichiarazione di adottabilità, ma pur sempre incidenti, in vario modo, sulla potestà dei genitori. Per condizioni di abbandono devono intendersi situazioni particolarmente gravi e tali da determinare la convinzione nel Giudicante di allontanare il minore. Nel momento in cui si deve decidere se le carenze della famiglia di origine abbiano superato quella soglia di gravità che giustifichi la dichiarazione di abbandono del minore, è necessario svolgere una comparazione fra la realtà familiare in cui il minore ha vissuto e il livello medio di cura che potrebbe essere garantito, nel senso che le privazioni dell'assistenza materiale e morale non possono essere intese in modo assoluto. Occorre effettuare una valutazione comparativa che abbia, quale termine di paragone, lo stile di vita di un minore la cui età e condizioni di vita, siano sostanzialmente analoghe a quelle del singolo minore. Il giudice di merito è tenuto a verificare, dunque, nel corso del giudizio "l'idoneità ad allevare il figlio non solo della madre, ma anche del padre", in quanto solo considerando la posizione di entrambi i genitori si può comprendere quale sia la reale disponibilità e capacità del nucleo familiare di origine di prendersi cura del minore. Non è necessario che il comportamento determinante lo stato di abbandono sia di natura commissiva o che consista in una condotta attiva pregiudizievole per il minore; si possono presentare situazioni in cui i genitori omettono l'adempimento di una serie di doveri (educativi, di mantenimento e di istruzione) la cui gravità è tale da giustificare la dichiarazione di adottabilità.

Occorre quindi verificare tutta una serie di situazioni con estrema cautela, in considerazione che determinate decisioni possono influire negativamente sulla vita sia dei minori che dei genitori. Giova ricordare che lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psico - fisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito ed è incensurabile in cassazione, se adeguatamente motivata. Basti pensare che lo stato di abbandono, che giustifica la dichiarazione di adottabilità, non ricorre qualora sussista una causa di forza maggiore, cioè un ostacolo esterno posto dalla natura, dall'ambiente, da un terzo che s'impone alla volontà del genitore e che il legislatore del 1983, innovando la disciplina del 1967, ha qualificato come "transitorio", alla luce del preminente interesse del minore, sicchè tale transitorietà deve essere necessariamente correlata al tempo di sviluppo compiuto e armonico del minore stesso, evenienza nella specie non evincibile (fonte www.altalex.it).

Su tali presupposti l’intervento della Corte di Cassazione innanzi citata ha aperto la possibilità alla verifica di un " percorso migliorativo" per la valutazione delle condizioni di abbandono e del contesto familiare di provenienza. La peculiarità del procedimento deriva dalla preminenza del diritto del minore a vivere e crescere nella sua famiglia di  origine come ribadito dall’ art. 1 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (nel testo novellato dalla legge 28 marzo 2001, n. 149) ne consegue che compito di tutte le parti interessati non è solo quello di rilevare le insufficienze in atto del nucleo familiare, ma, di concorrere, con interventi di sostegno, a rimuovere, ove possibile la "situazione di abbandono" e collaborare a rendere adeguata la vita offerta al minore evitando la rescissione del legame familiare. Non basta ovviamente la mera dichiarazione della disponibilità a rimediare allo stato di abbandono, ma è necessario un comportamento fattivo giudizialmente controllabile, che renda in concreto affidabile il proposito. Già in passato la giurisprudenza di legittimità si era orientata sulla necessità di non disattendere il possibile recupero della capacità genitoriale purché ciò avvenga in tempi compatibili con l’esigenza del minore di vivere in un contesto familiare stabile (Cass. Civ. 14 giugno 2012, n. 9769; Cass. Civ. 26 gennaio 2011, n. 1839).

L’intervento della Cassazione si base quindi su punti fondamentali ossia:

1) il “ tempo”: il diritto primario dei minori sia quelli di vivere nella famiglia di origine, è ammissibile attendere che i genitori acquistino o recuperino le proprie capacità genitoriali “in tempi compatibili con l’esigenza del minore ad uno stabile contesto familiare” (in tal senso Sentenze n. 991 del 16 gennaio 2013 e n. 3062 del l’8 febbraio 2013, che sul punto richiamano entrambe la sentenza Cass. n. 9769 del 14 giugno 2012);

2) irrilevanza della mera espressione di volontà dei genitori di recuperare le proprie capacità genitoriali e superare lo stato di abbandono transitorio: è necessario valutare se vi sia in concreto questo recupero sulla base di circostanze oggettive, e cioè delle reali ed effettive condizioni psicofisiche del minore (le recenti sentenze sopra citate richiamano sul punto la sentenza Cass. n. 16795 del 17 luglio 2008).

Tali presupposti garantiscono anche ai Giudici di valutare logicamente un fattibile recupero dell’ idoneità genitoriale, rapportata all’interesse del minore e alla sua crescita nella famiglia di origine, ribadendo che lo stato di adottabilità deve essere considerato come rimedio ultimo. Gli interventi a sostegno del nucleo familiare vengono rivalutati positivamente proprio per l’importanza del legame naturale esistente tra genitori e figli. I principi su cui si è ispirata la Corte nel suo intervento, giustificano la volontà del legislatore di considerare la dichiarazione di adottabilità come estremo rimedio rendendo necessario al contrario, un maggiore rigore nella valutazione della situazione di abbandono equilibrando la dialettica processuale ai fini di accertare efficacemente quale sia la decisione corrispondente all'interesse dei minori in un procedimento che vede i genitori investiti di una richiesta di accertamento che può incidere profondamente sui loro legami familiari (fonte www.comparazionedirittocivile.it www.dirittifondamentali.it - Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale – ISSN: 2240-9823).

Articolo pubblicato sul numero Ottobre/Novembre 2014 del periodico XD Magazine.


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