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Covid e morte, possiamo parlarne con i bambini?

di , Domenica, 03 Gennaio 2021

L'11 marzo 2020 il Direttore Generale dell'OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, definì la diffusione del Covid-19 non più una epidemia confinata ad alcune zone geografiche, ma una pandemia diffusa in tutto il pianeta. Da allora oltre un milione di persone ha perso la vita, di cui circa 72.000 solo nel nostro Paese. Cifre che fanno rabbrividire, se solo proviamo a immaginare la moltitudine di esseri umani coinvolti in processi di elaborazione del lutto.
La morte è un evento naturale, che riguarda milioni di persone ogni giorno nel mondo, e a renderla complessa in questo periodo è senza dubbio la cornice all'interno della quale tutti noi ci ritroviamo a doverne elaborare le conseguenze. Parlare della morte ai bambini, lo sappiamo bene, è già di per sé complesso; parlarne in questo dato momento storico rende tutto ancora più impegnativo. Sì, perché l'emergenza sanitaria che ha stravolto le nostre vite, ci ha posti faccia a faccia con tutti quegli abbracci mancati, con le parole non dette, le emozioni inespresse e l'insieme di quei rituali dal valore simbolico, e fondamentali nel percorso di elaborazione del lutto: il saluto, la celebrazione, il rito, la memoria condivisa. 
Di fronte a bambini che hanno perso il nonno, la nonna, lo zio, un parente cui erano legati, un affetto parte della loro quotidianità, l'adulto di riferimento, colui deputato al sostegno e all'educazione del piccolo, si pone domande alle quali spesso fatica a dare una risposta concreta e risolutiva: in che modo posso parlare a mio figlio della morte? Sono in grado di gestire e affrontare il dolore che inevitabilmente ne deriverà? Posso proteggerlo dalla sofferenza? 
Sebbene, in questo particolare momento storico, vi sia certamente la necessità di ideare e costruire nuovi rituali di "accompagnamento", la linea da seguire rimane sempre una: dire la verità. I bambini hanno necessità di sapere sempre e comunque la verità. Tenendo bene a mente un dato: tutto ciò che non viene detto ai bambini, verrà ricostruito da loro con le conoscenze fantastiche e approssimative di cui dispongono (draghi, magia, forza del pensiero e mostri vari). Il risultato potrebbe, a ben vedere, essere più catastrofico e spaventoso della realtà stessa. Nonostante l’istinto naturale degli adulti sia quello di proteggere i bambini da tutto ciò che potrebbe far loro del male, il tentativo di tutela a ogni costo rischia però di diventare controproducente e di avere effetti dannosi per il bambino. Per dare un senso a ciò che è accaduto, i più piccoli hanno bisogno di spiegazioni semplici e dirette, così da riuscire a far fronte alla verità, non importa quanto drammatica e dolorosa possa essere. 
I bambini reagiscono al dolore della morte di una persona cara in maniera diversa da noi adulti, e quando ci approcciamo a loro nel tentativo di fornire informazioni e spiegazioni, è bene tenere a mente che il bambino, almeno fino ai tre anni di vita, nega ogni forma di scomparsa definitiva, ritenendo la morte un fatto reversibile e non universale. Gli studi dicono che la definitività di una perdita, l'universalità e l'irreversibilità della morte, può essere compresa in genere dopo i quattro-cinque anni, ma ci sono molte variabili. Ogni bambino, infatti, ha la sua storia personale, e la comprensione e l’accettazione del lutto può, quindi, essere un’esperienza vissuta in modo diverso da bambini anche della medesima età.
Dire la verità, sempre, ma in che modo? 
Essere sinceri non significa entrare in tecnicismi e particolari incomprensibili, ma evitare di utilizzare eufemismi che possano lasciare spazio alle speranze. Dobbiamo far loro comprendere, attraverso un linguaggio chiaro e delicato, adatto all'età di riferimento, che la morte (termine che possiamo e dobbiamo utilizzare) è un evento rispetto al quale non abbiamo alcun margine di azione. "Il nonno non c'è più", "è andato via", "vive in cielo", "è partito per un lungo viaggio", "si è addormentato per sempre": sono solo alcuni degli esempi di frasi che potrebbero generare confusione e false speranze. 
Non esiste, ovviamente, un manuale per l'adulto al quale attingere per evitare di commettere errori, ma certamente potremmo:
- accogliere qualsivoglia domanda, dubbio o curiosità del bambino in merito all'evento della morte. Essere evasivi rispetto all'argomento potrebbe favorire la costruzione di un alone di mistero intorno ad esso che non ne agevolerebbe la comprensione; 
- creare dei rituali di saluto anche all'interno delle mura domestiche durante l'emergenza in corso: una lettera scritta, un disegno, un palloncino da far volare via con un pensierino al suo interno dedicato alla persona cara che non c'è più; costruire una scatola dei ricordi e tutte quelle idee utili a dare valore al legame esistente con l'affetto venuto a mancare, per favorire la condivisione delle emozioni dolorose; 
- lasciare inalterata la routine quotidiana, non interrompendola, perché è da essa che, soprattutto nei momenti difficili, i bambini traggono benefici e rassicurazione;
- dare spazio alle emozioni, accogliendole ed evitando di nascondere in primis la nostra sofferenza e la nostra tristezza, legittimando così, di conseguenza, anche quella dei più piccoli.  Consentiamogli di soffrire, di sentirsi fragili, tristi, arrabbiati e mostriamo loro che anche noi adulti lo siamo e possiamo provare rabbia, tristezza e paura. 

In conclusione, è bene ricordare che ogni bambino ha i suoi tempi e che questi vanno rispettati, evitando di dire o compiere azioni che non è pronto ad accogliere, ascoltare e comprendere.

Dr.ssa Nunzia Spinelli