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"Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota", così comincia uno splendido brana di Lucio Dalla dedicato ad uno degli sportivi più amati di sempre: Ayrton Senna. Il 1° maggio del 1994 nella curva del Tamburello del circuito di Imola si spegneva a soli 34 anni il tre volte campione del mondo di Formula 1. Se nasci in uno dei paesi più improbabili del mondo da grande vuoi fare due cose: il calciatore o il pilota di Formula 1. Senna non ha rappresentato solo un grandissimo campione, uno a cui piaceva moltissimo vincere e pochissimo perdere, ma è stata l'icona di una generazione di quelli che volevano essere come lui: bello, ricco, vincente e anche un po' stronzo, quel tanto che bastava per piacere ancora di più. Senna è stato il grande avversario della Ferrari, ma non è stato mai un nemico, prova ne è il fatto che tanti italiani facevano il tifo per lui andando per fino contro "la Nazionale Rossa". 

Gli amori con alcune delle donne più belle del pianeta, come la meravigliosa Carol Alt e quell'alone di immortalità che già lo contornava quando faceva ancora parte del mondo dei vivi. L'Italia del 1994: il primo governo Berlusconi, gli echi di Tangentopoli e delle stragi di Mafia, il Milan di Fabio Capello che dominava in Italia e in Europa, Roberto Baggio che vinceva il Pallone d'Oro l'anno prima e che si apprestava a guidare l'Italia di Arrigo Sacchi al mondiale di Usa '94. Un campionato del mondo che  gli azzurri persero ai rigori contro il Brasile di Senna. Quel 1° maggio 1994 era una domenica proprio come oggi, la notizia fece il giro del mondo in pochi minuti e lo sgomento fu grande, anche se il giorno prima il Gran Premio di Imola era già stato funestato dalla morte del "Carneade" Roland Ratzenberger. 

Noi tutti bambini di quell'epoca volevamo essere Senna, Michael Jordan o Roberto Baggio, miti più che personaggi dello sport. Non vi so dire chi vorrebbero essere i bambini di oggi, condizionati dal Covid e da una delle guerre più folli e inutili nella triste storia delle guerre folli e inutili. So che avrebbero bisogno di rifugiarsi nei sogni e nelle imprese che solo lo sport può regalare. Allora volevamo essere Senna, oggi vorremmo solo vivere in un mondo meno triste come fu triste quel 1° maggio 1994. Tristissimo. Indimenticabile Ayrton, indimenticabile.