Andra e Tatiana Bucci, due bambine nell’orrore del lager

di , Lunedì, 04 Febbraio 2013

Il 6 febbraio, nell'ambito delle manifestazioni dedicate al "Giorno della Memoria", presso il liceo "Colletta" di Avellino ci sarà un incontro con le sorelle Andra e Tatiana Bucci.  Interverrà il Dott. Mario De Simone, cugino delle due sorelle, che ha perduto ad Auschwitz il fratellino Sergio, utilizzato come "cavia" da Mengele. Gli stessi ospiti saranno presenti il 7 febbraio presso il liceo scientifico di Atripalda "Vittorio De Caprariis.

Andra e Tatiana Bucci

Spedite nel campo della morte a 4 e 6 anni, due sorelline sono sopravvissute a Mengele. Per sentirsi poi dire per tutta la vita che «lì non c'erano bambini». Salvate dal caso, Andra e Tatiana rifiutarono di «andare a trovare la mamma» ed evitarono la camera a gas. La mamma (e il papà) le ritrovarono solo dopo due anni. Fra Praga e Londra, le sorelle passarono molto tempo in orfanatrofi e in «case di riabilitazione», uscite dal lager. «Un periodo bellissimo, tutti si curavano di noi».

Joshua vive a Sacramento, in California, Luca e Chiara stanno a Bruxelles, Alessandro a Varese. Sono i nipotini di Andra e Tatiana Bucci, le due nonne che siamo andati a trovare a Padova, dove vive Andra e dove è arrivata anche Tatiana, residente da tempo a Bruxelles. Entrambe mostrano con entusiasmo le foto dei nipotini, raccontano dei loro caratteri, della loro simpatia, della loro furbizia. Come fanno tutte le nonne. Ma Andra e Tatiana non sono due nonne qualsiasi e il loro sguardo nei confronti dei bambini è assolutamente particolare: perché hanno vissuto l'esperienza dei campi nazisti quando erano due bimbe molto piccole. L'educazione vorrebbe che non si dicesse l'età di due signore, ma loro sono decisamente giovanili e specificare la loro età significa capire meglio quel che è successo. Tatiana, anagraficamente Liliana, è nata il 19 settembre 1937; Alessandra, detta Andra, l'1 luglio 1939. Quando vengono prese per essere deportate a Auschwitz, il 28 marzo 1944, hanno poco più di sei e quattro anni rispettivamente. Le statistiche dell'orrore dicono che su 200mila bambini arrivati a Auschwitz ne sono sopravvissuti all'incirca una cinquantina, uno ogni quattromila. Ma il 27 gennaio 1945, giorno della liberazione del campo da parte delle truppe sovietiche, Andra e Tatiana sono vive.

I loro ricordi di quell'esperienza sono sfumati e cercare di rivangare potrebbe essere doloroso. Colpisce però che il loro ricordo più vivido sia il freddo. «D'estate non avevamo il problema del caldo, come invece abbiamo avuto quello del freddo. Io poi sono sempre stata freddolosa - specifica Andra - mentre lei no. Il disagio era anche dovuto agli indumenti, le scarpe, il cappotto». Parlano praticamente in coppia, precisando i racconti. Parlano di fortuna, di costituzione che probabilmente ha permesso loro di sopravvivere, raccontano di come fossero lasciati quasi vegetare nel campo, affiorano memorie di giochi ma non i volti.

«Non saprei dare una faccia ai bambini che erano con noi al campo, a parte noi tre (il terzo è il cuginetto Sergio, ndr). Forse all'inizio solo noi tre parlavamo italiano, eravamo gli unici, vedo bambini intorno a me, giocavamo anche a palle di neve, uno di fronte all'altro, poi ci si gelavano le mani e le si scaldava soffiandoci sopra, questo me lo ricordo, ma non ricordo i volti degli altri bambini. Noi non avevamo appello, si vegetava, lasciati a noi stessi, giocavamo all'appello perché lo vedevamo fare agli adulti, ma a noi non capitava. Eravamo relativamente liberi di girare in una certa area, il campo era grande».

auschwitz
Secondo Marcello Pezzetti, del Centro documentazione ebraica contemporanea, forse sono sopravvissute perché scambiate per gemelle. «Eravamo uguali di altezza, e forse Mengele ci teneva lì come riserva, Marcello ha anche trovato dei documenti su prelievi fatti a Andra, quindi a qualcosa dovevamo servire, ma nella grandissima disgrazia siamo state fortunate, siamo tornate e non abbiamo mai patito in seguito per quello che abbiamo subìto lì da bambine, nemmeno la mancanza di calcio nei denti». L'aneddotica dice che una parte della fortuna sia stata determinata dalla responsabile del loro blocco, che un giorno le informò che era meglio non rispondere affermativamente quando fosse stato loro chiesto di andare a raggiungere la mamma. Loro obbedirono al consiglio e si salvarono; il cuginetto Sergio invece non lo accettò e venne inviato a una morte atroce. Dunque il caso, la fortuna, il dna e quel rapporto affettivo strettissimo che legava le due sorelline hanno permesso loro di sopravvivere a Birkenau. Ma la loro storia non finisce lì.

Il momento della liberazione del campo è anche un momento di grande confusione, molti bimbi neppure sanno il loro nome. Andra e Tatiana lo sanno perfettamente: la loro madre, quando ancora riusciva a vederle, glielo faceva ripetere in continuazione, quasi ossessiva e premonitrice.

Le due bimbe arrivano a Praga a fine febbraio. Hanno quasi dimenticato l'italiano e imparato il tedesco. Ora, nell'orfanotrofio che le ospita, imparano la lingua cèca. Restano a Praga sino al marzo del `46, quando vengono messe su un aereo con altri bimbi e inviate in Inghilterra a Weir Courteney, Lingfield, nel Surrey, dove sir Benjamin Drage ha messo a disposizione la sua tenuta per accudire bimbi ebrei che hanno vissuto sulla propria pelle la parte più mostruosa del conflitto.

Alice Goldberger è la persona che sovrintende il progetto per fare ritrovare serenità e un rapporto «normale» con il mondo, con lei ci sono anche psicologi, in contatto con Anna Freud. Ma non è un lavoro facile. Per i bimbi un cane non è un animale domestico ma un mostro aizzato dagli aguzzini; un soldato in divisa, fosse anche britannico, scatena momenti di terrore; anche con il cibo il rapporto è complesso e nessuno vuole mollare il cucchiaio dopo avere mangiato perché nei campi il cucchiaio era strumento vitale, senza di quello non si aveva diritto al cibo.

Il periodo inglese, che implica anche l'apprendimento di una nuova lingua, è quello ricordato con una gioia che sfiora l'entusiasmo. «Eravamo seguite tantissimo, facevano di tutto per noi, e ognuno di noi aveva una `zia' che una volta la settimana ci portava un regalo, ci portava anche fuori a passeggiare; tentavano con piccole grandi cose di riportarci alla vita normale», dice Andra. «Non mi ricordo di avere parlato con uno psicologo - specifica Tatiana - ricordo invece di essere stata seguita come in famiglia, erano come delle mamme per noi, sentivamo amore intorno a noi, questo ci ha aiutato immensamente».

Mentre le due sorelline tentano di ritrovare serenità e affetto, la loro mamma, sopravvissuta anch'essa, cerca con ogni mezzo di arrivare a sapere se le piccole siano ancora in vita e in quel caso dove siano finite.

Un conoscente, un trafiletto su un giornale, un tentativo. Alice Goldberger riceve da Napoli una busta in cui le famiglie De Simone e Bucci chiedono eventuali notizie dei loro bimbi. Nulla per Sergio, ma Andra e Tatiana sembrano proprio corrispondere. Nella lettera successiva viene inviata in Inghilterra la foto di mamma e papà Bucci e le due bimbe li riconoscono. Ma ci vuole ancora tempo perché la complicata burocrazia e i comprensibili timori di errori vengano superati. Nel dicembre del `46, finalmente, le due bimbe vengono portate a Roma dove ritrovano i loro genitori.

Ma è un incontro quasi imbarazzante, perché troppo tempo è passato, le bimbe si stringono alla loro accompagnatrice piuttosto che rispondere ai gesti d'affetto dei genitori. È un lieto fine, ma ci vuole tempo per ricostruire anche il rapporto più naturale del mondo.

Viene quasi spontaneo chiedere se abbiano mai parlato con la mamma di quei momenti terribili. E si scopre che in famiglia l'argomento era come accantonato. Comprensibile, perché molti, sia bimbi che adulti, avevano dovuto spesso confrontarsi con la diffidenza di chi riteneva la Shoa e i campi di sterminio un'esagerazione.

«Nostra madre non ne ha mai parlato, almeno con noi se non poco, pochissimo, e noi non chiedevamo» - raccontano. «È stata intervistata da Rai3 ma noi l'abbiamo saputo solo per caso da una figlia di Andra che era a Trieste con lei per studiare. Una volta, però, siamo andate tutte e tre insieme a vedere il film Kapò, è stata l'unica cosa che abbiamo fatto insieme con la mamma. E un'altra volta stavamo vedendo un documentario in tv, sino a quando ci siamo messe tutte a piangere e allora papà ha spento e siamo andati a dormire. Eravamo ancora ragazze, vivevamo in casa e non conoscevamo ancora i nostri mariti».

In casa, nell'intimità, non si voleva risvegliare il dolore, ma la testimonianza pubblica è un'altra cosa. Anche perché Andra e Tatiana hanno più di un motivo per essere risentite, non solo nei confronti dei nazisti, ma anche nei confronti di chi ha vissuto la loro stessa esperienza. A partire da Primo Levi che in Sommersi e salvati esclude la presenza di bambini a Auschwitz. «Mi dispiace che lo abbia detto - dice Tatiana - perché mi sarei messa in contatto con lui, ma era già morto quando ho letto il libro e mi è dispiaciuto tanto». Polemica affiorata anche al momento dell'uscita del film di Benigni La vita è bella, quando sui giornali compaiono articoli in cui si diceva che non c'erano bimbi sopravvissuti.

Andra Tatiana Bucci
«I giornalisti possono non sapere - precisa Andra - ma ferisce di più quando l'affermazione viene da chi era a Auschwitz. Una psicologa alla presentazione del film Memoria mi disse che era impossibile che ci fossero bambini, allora io le risposi `eh no, signora, guardi che noi siamo qui', ma lei mi contestava. Anche qualche anno fa in America, dove ho due figlie, ero andata alla presentazione del libro di una signora che era stata a Auschwitz, psicologa anche lei, la quale ha il numero molto simile al mio, quindi deve essere arrivata nel nostro stesso periodo. Alla fine della presentazione io sono andata da lei per dirle che avevo il numero quasi simile al suo. Lei mi ha guardato e mi ha detto `è impossibile' e io `perché?' e lei `sei troppo giovane', e io `sì, ma io avevo quattro anni' e lei mi ha guardato di nuovo e mi ha detto di nuovo `è impossibile perché non c'erano bambini'. Poi ci hanno interrotto e lei mi ha detto `ci si vede dopo', ma io non ho più voluto parlarle perché avrei litigato con questa signora. Dicendomi `è impossibile' è un po' come se volesse farmi morire, mi sembra una guerra tra poveri. Non mi devi contestare, io ti faccio vedere il mio numerino...».

76482 è quello di Andra, 76483 quello di Tatiana. Sono ancora lì, sulle loro braccia, mentre mostrano gioiose le foto di Joshua, Alessandro, Luca e Chiara perché bisogna ricordare il passato ma bisogna anche guardare al futuro.

 



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