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Mi chiamo Jean Pierre e sono un clochard...

di , Mercoledì, 01 Gennaio 2014

Ciao a tutti, sono Jean Pierre e sono un “clochard”...si un clochard, come dite voi “homeless”, oppure... ah si “barbone”, o come dicono da queste parti “Barbùn”...

Vivo già da qualche anno ormai in questa piccola bella città, vicino Milano. Sicuro avrete capito già dal mio nome che non sono Italiano, in realtà, sono un pò Italiano, il mio papà  “Piero”era  di Genova, giovanissimo emigrò a Marsiglia ove conobbe la mia mamma “Gisèle”...

Sono qui però non per parlarvi della mia vita , di papà Piero e di Mamà Gisèlle, no, vorrei raccontarvi delle “petites histoires » oh  Pardon, volevo  dire « piccole storie »...

Come vi dicevo vivo vicino Milano, la mia casa è accanto la piazza centrale della città, si ho una casa piccola, di cartone « quello spesso ove non passa il freddo », appena giro l’angolo , mi ritrovo di fronte questa grande piazza, con la chiesa antica, bella, piena di statue di marmo, al centro un « rosone », con dei vetri colorati... qualche volta nella chiesa di domenica si celebrano dei matrimoni e tutto si anima ... è bellissimo vedere la gente elegante, i loro sorrisi, le loro emozioni...

Negli ultimi tempi, in questa piazza accadono cose strane, meravigliose...

Appunto l’altro giorno, ero li intento a mangiare una mela, donatami da un mio amico ristoratore, e seguivo con lo sguardo un uomo che camminava lento con il capo chino, si scorgeva sofferenza sul suo volto...lentamente, mi avvicinai e gli chiesi: «in che modo posso portarti conforto?..se c’è qualcosa che io possa fare?», alzando il capo con un sorriso inaspettato mi disse: «  non credo tu possa aiutarmi, nè tu ne nessun altro...ho perduto il lavoro da tempo e oggi dopo l’ennesimo rifiuto da parte di un’azienda nell’assumermi, ho deciso di non tornare piu a casa, da mia moglie che ha ormai esaurito anche il suo ultimo sorriso e la sua immane comprensione, lei nel vedermi così, non saprebbe piu come nascondermi il suo dolore...e poi vedere i miei due bambini, i loro occhi spalancati alla ricerca di risposte che non ho, mi atterrisce... ».

Una smorfia di dolore era diventato il volto dell’uomo accanto a me, intanto pensavo: «non credo che i due euro e settanta centesimi che possiedo possano aiutare l’uomo, però forse, un caffè poteva quantomeno «alleggerire» quel suo momento.

Mentre cercavo di convincere l’uomo a seguirmi al bar, alle mie spalle sento una voce forte, alta senza inflessioni, che dice: «scusatemi signori, non ho potuto fare a meno di non sentire, vorrei aiutarvi se posso». Mi volto e alle mie spalle vedo un uomo, ben vestito, «abito sartoriale », di quelli che costano tanto, l’uomo accenna un breve sorriso e quasi con forza  appoggia una mano sulla spalla dell’uomo e infila l’altro suo braccio sotto il mio e quasi ci trascina verso il bar.

Siamo ormai seduti da un po, i caffè sul tavolo sono diventati due, quattro, sei...ormai sembriamo amici di vecchia data, (un clochard, un inprenditore, un disoccupato). Lui (l’uomo elegante è un imprenditore nel campo tessile), con grande chiarezza sta spiegandoci di cosa ha bisogno nella sua azienda. In breve offre il lavoro al triste amico appena conosciuto in piazza, un lavoro ben retribuito, finalmente vedo di nuovo un gran sorriso sul volto dell’ormai ex disoccupato. Di li a poco, i saluti, le strette di mano, tutti e tre con qualcosa in piu in noi.

Qualche ora è passata dall’accaduto e ancora penso con una certa soddisfazione a quei momenti, fregiandomi forse, anche un po troppo del merito di aver fatto incontrare i due...mah in verità se non avessi trattenuto l’uomo a parlare con me , è probabile che l’incontro non ci sarebbe mai stato quindi, son contento.
Intanto è calata la sera sulla piazza, le luci di Natale giocano ad inventare forme colorate sul mosaico umido della chiesa, poco piu in la, sulle scale innanzi al portone del luogo sacro, vedo una giovane donna seduta su una valigia, con la sua testa fra le mani, noto disperazione in quella donna...mi avvicino e con voce bassa le chiedo: «Posso aiutarti?... », la giovane alza il capo lentamente, i suoi occhi sono gonfi di lacrime, la disperazione è in lei, scuote la testa e con un cenno di dissenso ,torna a piangere... non so cosa fare, mi guardo intorno , la vecchia fontana all’angolo della piazza viene in mio aiuto, l’acqua piu buona della città parte proprio dalla fontana della piazza, forse un  pò d’acqua aiuterà la giovane, almeno a smettere di piangere... corro al bar prendo un bicchiere e torno da lei...finalmente alza la testa, accenna un sorriso e mi riempie il cuore, pian piano mi racconta la sua storia, di quell’amore voluto, contro tutto e tutti, dei conflitti a casa con i suoi, del dolore inflitto a sua madre quando di corsa ha preparato la valigia piena di poche cose ma di tanta speranza e amore,le brucia ancora lo sguardo di suo padre dietro i vetri della finestra di casa, mentre lei orfana del suo abbraccio andava via, verso quell’amore che non piaceva a nessuno. Poi , il dolore sordo , cupo, quando all’appuntamento, a quel treno, non hai trovato chi ti avrebbe resa felice...hai cercato per ore tra tanti volti ignoti, quello suo ma, tutto è stato vano, inutile. Ora vacilli e quasi ti abbandoni, non hai piu meta, vaghi stanca verso il nulla.

Mi son seduto accanto a lei , senza parlare, non sapevo cosa dirle, cercavo solo di starle vicino, le ho teso la mia mano , così per rassicurarla, lei si è appoggiata a me, sulla mia spalla , in un attimo si è addormentata...

Eravamo nella piazza io, lei, le luci di Natale ed il freddo pungente di dicembre, certo non era una bella prospettiva restare li tutta la notte, rimpiangevo la mia casa di cartone a pochi passi da li, ma sarei rimasto li anche tutta la notte, non avrei mai lasciato sola quella donna. E' sera ormai, non è tardi ma, stranamente non vedo gente in giro, anche il bar ha chiuso presto, ma che giorno è oggi? Non si sente neanche il consueto rumore delle auto che passano, siamo rimasti soli nella piazza, solo il freddo ci tiene compagnia.

Non passa un minuto da quel mio ultimo pensiero che, appena fuori la piazza sento avvicinarsi un auto, un taxi, scendono in fretta due uomini e una donna, puntano verso di noi. Il volto della donna mi ricorda qualcuno ma non capisco chi. L'uomo che è con lei mi tende la mano come per dirmi: «alzati», la donna abbraccia di getto la mia sfortunata amica, ora so chi è...sua madre, la stringe forte a sè...un pianto liberatorio accomuna le due donne, l’uomo adulto trema a quel vedere, fatica non poco per non piangere, è il papà di « sfortunella », accanto ad egli c’è un giovane che continua a ripetere scusami, amore, perdonami,ero andato a parlare con i tuoi, ecco perchè non ero all’appuntamento...subito dopo anche lui si «fionda» sulle donne abbracciate.

Dalla disperazione, al dolore, in pochi minuti si è passati a gioa indefinibile,tutto era tornato come doveva essere. Mentre la famiglia riunita si avviava verso il taxi in attesa, lei, ormai diventata «fortunella», corre verso di me e mi abbraccia con tutta la sua forza, quasi da togliermi il respiro, è stato un momento fantastico!!!

Gli ultimi saluti, il taxi si allontana, all’improvviso la piazza si illumina, fuochi artificiali, botti, e grida di auguri arrivano da tutte le parti... Ma si ora ho capito!!! Capodanno! E' la notte di capodanno! La piazza si riempie in un attimo, baci e abbracci si fondono tra i botti e i colori dei fuochi, sembra tutto un sogno.

Sono Jean Pierre e sono un « Clochard », perchè vi ho raccontato queste storie?...Sinceramente non lo so, ma di sicuro so che è stato bello viverle e raccontarvele...Buon Anno a tutti voi J.P.





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