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Si parla spesso, oggi, dell’impatto della pandemia sul mercato del lavoro e sulle effettive prospettive future.

Secret Post vuole raccogliere qualche dato importante che fotografi la realtà e dia una piccola visione sul futuro.

 

Le quarantene passate e presenti hanno cambiato, prima che il tipo di offerta lavorativa, la domanda stessa dei lavoratori. Il primo fatto da registrare è sicuramente in linea con il sentire di molti lettori, purtroppo: secondo le statistiche quasi un lavoratore su due oggi teme la perdita del posto. Segue, quasi come ovvia conseguenza, l’accresciuto attaccamento al proprio impiego, di cui il 72% degli italiani oggi si dichiara soddisfatto. Entrambi i dati hanno avuto un picco nell’ultimo anno.

Quel che invece si stima stia crollando è la disponibilità al cambiamento. In poche parole siamo meno predisposti a cercare nuovi sbocchi o aprire nuove attività. Il problema che si nasconde dietro ciò è una maggiore disponibilità al compromesso da parte dei dipendenti, che non può essere positivo se non abbastanza tutelato. Porvi l’accento dunque risulta utile quanto meno a dar coscienza.

 

Chi si trova nella condizione opposta, chi dovrebbe offrire impiego e formazione, allo stesso modo non vive momenti idilliaci. La prima vera rivoluzione è stata l’accelerazione verso la digitalizzazione che la maggior parte delle aziende, come anche ogni realtà non imprenditoriale, ha compiuto. Questo, se da un lato non ha comunque arrestato i molti tagli al personale che sono avvenuti, dall’altro rinnova l’organizzazione del lavoro e le performance aziendali dall’interno. Le imprese infatti tenderanno a rispondere al cambiamento aumentando i livelli di funzioni, creando posizioni aziendali prima inesistenti. Insomma, nei prossimi anni dovremmo prepararci a vedere la nascita di nuovi ambiti lavorativi a noi oggi sconosciuti.

 

Basandosi su quello che oggi è sottomano però, le principali occasioni occupazionali si concentreranno sul mondo della tecnologia, sulle trasformazioni industriali della robotica e dei trasporti e, ironicamente ovvio, sul settore sanitario.

L’Italia non è da meno in questo, se si pensa che si prevede una necessità d’impiego per circa 400mila posti di lavoro nella sanità e circa 100mila nell’industria dei macchinari, delle attrezzature e dei mezzi di trasporto.

Team

La classe più colpita resta però quella dei giovani, per i quali si apre quasi un capitolo a parte. Secondo lo studio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, infatti, la fascia di età tra i 16 e i 25 anni è praticamente fuori dal mercato del lavoro. La paura e l’incertezza per il futuro la fanno da padroni e la disoccupazione mondiale è aumentata del 13,6%. Il suggerimento è la coesione sociale e la comunicazione tra gli stessi ragazzi. La creazione di cooperative e la predisposizione al lavoro in team sarà sia una maggiore garanzia di tutela nei confronti del futuro impiego, sia la risposta adeguata alla formazione richiesta dai lavori che verranno. Saper lavorare in gruppo e mettere in campo le proprie competenze trasversali, anche di quelle che trascendono il settore in cui si è impiegati, è quel che maggiormente sarà ben visto per assumere1 (si permetta la licenza a chi scrive) “noi” giovani.