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Secretpost #25: “L’otto marzo e lotto tutto l’anno”

di , Mercoledì, 10 Marzo 2021

Si parla di “Festa”, in realtà chiamiamola Giornata internazionale della donna, in ricordo delle conquiste sociali, politiche ed economiche ottenute dal genere femminile.

Innanzitutto sfatiamo un po’ di miti. Quanti post avrete letto riguardo la strage di129 operaie morte in un incendio (8 marzo 1908) presso la fabbrica di abbigliamento Cottons (New York)? Ecco, è tutto falso. O meglio, secondo alcune dichiarazioni delle femministe Tilde Capomazza e Marisa Ombra non ci sono documenti storici che ne accertino la veridicità e che colleghino questo evento alla Giornata.

Perché l’otto marzo? L’idea nasce nel febbraio del 1909 negli Stati Uniti, su iniziativa del Partito socialista americano. La proposta venne accolta dalla politica tedesca Zetkin(pioniera nella lotta al patriarcato e per l’emancipazione femminile).  Ogni Paese decise un giorno diverso per la celebrazione, ma nel 1921, a Mosca, l’assemblea decise di consacrare l’8 marzo come Giornata internazionale dell’operaia, in memoria della prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo (1917).

La Giornata è internazionale, ma l’Italia ha una propria tradizione: i fiorai si colorano di giallo e l’acre odore delle mimose si diffonde per le strade. Secondo alcune fonti, il fiore scelto all’inizio era la violetta, ma essendo costoso e difficile da trovare, fu sostituto dalla mimosa su iniziativa di Teresa Mattei (parlamentare comunista ed ex partigiana, votata alla difesa delle donne): “La mimosa era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette. Mi ricordava la lotta sulle montagne”.

Il problema è che non bastano fiori, né ricordi di battaglie passate per alleviare il dolore di una lotta che continua e continuerà.

Proprio in questi giorni, l’Italia entrava in lockdown, e l’emergenza pandemica ha aggravato la situazione. La violenza domestica e i femminicidi (già 15 da gennaio a oggi) sono aumentati, una donna su due ha visto peggiorare la propria situazione economica, anche perché viene pagata il 20% in meno rispetto ad un uomo.  L’Italia è uno degli Stati ad aver chiuso per più tempo nidi, asili e scuole, con la drammatica sicurezza che le donne sono a casa: possono badare alla famiglia.

Draghi e Mattarella sono intervenuti, proponendosi“Verso una Strategia Nazionale sulla parità di genere”, promossa dal Ministero delle Pari opportunità. Ma la strada è ancora lunga: una donna si sente in dovere di identificarsi come “Direttore” e non “Direttrice”, considerato dispregiativo.

Parlare di avvocatesse, presidentesse e ministre ci fa storcere il naso, perché “suona male”. In realtà, ciò che suona male è il riflesso incondizionato nella nostra lingua, di una cultura obsoleta: quella di una donna che non può fare carriera, non può svolgere lo stesso lavoro di un uomo, non può non volere una famiglia, non può rigettare il ruolo di “angelo della vita”, “principessa da proteggere”. Viviamo sotto il peso incombente di una cultura maschilista e patriarcale, in cui un uomo esprime la propria opinione persino sull’utero di una donna. Insopportabili stereotipi[1], dietro cui ci nascondiamo, per non confrontarci con il problema che ancora oggi, nel 2021, una donna non è libera di essere ciò che veramente vuole. Non è libera di camminare normalmente per strada da sola.

Non è libera di avere gli stessi diritti di un uomo.

 

[1]Così tanti che è stato possibile “farne un dizionario”.