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Primo maggio, la Chiesa: “Nella speranza, la dignità del pane. Le istituzioni ascoltino il grido dei precari”

di , Venerdì, 01 Maggio 2015

Non soltanto le sigle sindacali ma anche la Chiesa, in campo per celebrare la giornata dedicata ai lavoratori. Povertà, nuove schiavitù, condizione delle donne e lavoro, disoccupazione giovanile, dignità dell’impiego sempre più spesso calpestata, il lavoro che non c’è. Sono diverse le questioni sociali sulle quali anche la Chiesa è chiamata a far sentire la propria voce. Per il primo maggio 2015, la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace ha diffuso una nota, che richiama il tema del padiglione vaticano ad Expo 2015.“Nella speranza, la dignità del pane”, il titolo della lettera rivolta a tutti i lavoratori e le lavoratrici.

“Senza lavoro non c’è famiglia e non c’è dignità umana. Ma sono ancora molti nel nostro Paese i fratelli e le sorelle, specie giovani, che mancano della dignità del lavoro. In tante famiglie, le reti sono e restano vuote”, si apre così la nota.

Un dramma che ci fa comprendere come vere le parole del Papa, durante la meditazione mattutina nella cappella Santa Marta: “L’evolversi dell’idolatria del denaro ci sta facendo affogare nella rovina e nella perdizione”.

Il documento ufficiale per i lavoratori prosegue così: “Il grido dei precari è realmente la periferia che, più di tutte, domanda luce, che ci chiede premura, la stessa premura di San Giuseppe nella bottega di Nazareth. Perché nei tanti disoccupati c’è realmente il Cristo che soffre: lui, il falegname, il carpentiere di Nazareth, di certo comprende le nostre fragilità e precarietà, spirituali e lavorative. Per questo, anche le nostre comunità cristiane sostano in una Veglia di riflessione e di preghiera, con cuore attento e vigilante. Esperta di umanità, la Chiesa sente il bisogno di spezzare il pane, perché con cinque pani si possa nutrire il pianeta. Nella condivisione, per farsi voce delle attese dei disoccupati e di chi sta perdendo il lavoro, con tanto ascolto, con cuore di misericordia e di cura: presenze umanizzanti che, come il Cireneo, si fanno carico delle croci sul cammino della vita. Questa Veglia, allora, si tinge dei colori della riflessione culturale, sorretti dalla Dottrina sociale della Chiesa”.

Qual è l’economia giusta? A questa domanda la Commissione episcopale per i problemi sociali e per il lavoro risponde così: Si sente impellente il dovere di fondare la nostra economia su un preciso orientamento etico e antropologico che ponga sulla persona, non sul mercato da solo, la forza stessa dell’economia. Si apre una sfida per superare quella finanza che, finora, si è presentata come negazione del primato dell’uomo. La mancanza di lavoro uccide, poiché è “un’economia dell’esclusione e della iniquità. Il problema non è quello della sussistenza, ma quello di “non poter portare il pane a casa” come ha detto Papa Francesco, in Molise e a Scampia. Dove non c’è lavoro, non c’è dignità. La persona si riduce a merce e mancando la dignità, l’umanesimo si svuota”.

Nella nota si fa riferimento anche al disagio giovanile nel mondo del lavoro e a misure, quali Prestito della speranza e Progetto Policoro, messe in campo per far fronte alla disoccupazione e alla crisi economica: “Come Chiesa e società italiana, ci interroghiamo allora con trepidazione sul futuro dei nostri giovani. Sulla loro dignità. Sentiamo infatti che questa precarietà è attesa di nuove strade, per la costruzione del bene comune. Con questi passi di speranza, va riscoperta, nel decennio dell’educare alla vita buona del Vangelo, l’arte dell’accompagnare. Significa soprattutto far abitare con fiducia il nostro tempo, con una vita sociale piena e partecipativa. Rendere protagonisti i nostri giovani, anche negli anni della precarietà. Accompagnare vuoi dire star vicino, condividere lacrime e speranze, in un’empatia che si fa misericordia vissuta e solidale, che sta alla base di ogni esperienza cooperativistica. Solo così si radicano con fedeltà esperienze degne di coraggio come il Progetto Policoro o il Prestito della Speranza, iniziative ormai consolidate dopo la loro profetica intuizione. E partendo dalle terre del Sud, ferito da sempre, ora sono di sostegno anche alle Chiese del Nord, che si ritrovano ad accogliere la sfida della precarietà “.

C’è poi un passaggio sul rispetto della dignità del lavoro, espresso con l’esortazione “Ricordati del giorno del sabato per santificarlo”: “In quel limite al fare, la nostra visione antropologica riscopre la forza del rispetto del fragile e del debole. Se, infatti, non si rispetta la domenica, non si avrà rispetto nemmeno per chi è disoccupato. E il lavoro diventerà schiavizzante e oppressivo, come già si vede in certe importazioni di tipo industriale, in aziende storiche che non perseguono più la strada della solidarietà, ma solo quella del profitto assoluto”



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